Onorevoli Colleghi! - Il 12 dicembre cade l'anniversario della strage di Piazza Fontana a Milano che, nel 1969, inaugurò uno dei periodi più oscuri e dolorosi della storia repubblicana. Da quella data, una lunga teoria di attentati insanguinò, per oltre un ventennio, le strade e le piazze del nostro Paese, causando la morte di centinaia di cittadini e minacciando le fondamenta delle istituzioni democratiche attraverso una drammatica concatenazione di eventi di cui ancora oggi si stenta a ricostruire la trama e, in molti casi, si è ben lontani dal conoscerne gli autori. Sappiamo solo che un coacervo di forze, sovente dai connotati occulti, ha giocato in quegli anni una partita di morte passata alle cronache come «strategia della tensione» e che commissioni d'inchiesta, indagini della magistratura, attività di denuncia di comitati e associazioni, non sono riusciti a far luce su di essa, scontrandosi contro ostacoli insormontabili come il segreto di Stato di cui, in questi anni, si è chiesta inutilmente la revoca da parte di settori significativi della società civile e da parte di varie forze politiche. Tuttavia, nulla può occultare la lacerazione profonda che quegli eventi hanno determinato nel tessuto della nostra identità culturale, nelle coscienze e nella formazione politica di più di una generazione. La stagione delle stragi, infatti, costituisce uno snodo cruciale da cui è impossibile prescindere per progettare un futuro di libertà e di coesistenza pacifica, è un'eredità che la storia deve consegnare alla memoria affinché il buio di quegli anni funga da insegnamento e da monito. Il Presidente della Repubblica Ciampi si è in più occasioni mostrato particolarmente sensibile al tema della memoria delle stragi terroristiche: il 13 dicembre del 1999 ha ricevuto una delegazione del Comitato per la memoria e la verità sulle stragi terroristiche, composto, tra gli altri, dal premio Nobel

 

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Dario Fo e dal presidente dell'Unione dei familiari delle vittime per stragi Paolo Bolognesi, e in occasione del ventennale della strage di Bologna ha invocato con forza «il sentimento di giustizia che deve guidare la ricerca della verità e la ricostruzione della storia di quella terribile stagione (...) poiché anche da ciò dipende la speranza di preservare la società del futuro da ogni intolleranza». L'allora sindaco di Bologna, Giorgio Guazzaloca, raccolse tale invito proponendo l'istituzione di un giorno della memoria delle stragi per ricordare in tutte le scuole del Paese quei tragici eventi; il municipio di Mestre, in collaborazione con varie associazioni, organizza da diversi anni un «Memorial Day» il 23 maggio, anniversario della strage di Capaci, occasione per commemorare il giudice Falcone e tutte le vittime del terrorismo, delle trame occulte e di ogni forma di criminalità. Molte associazioni di familiari delle vittime, infine, propongono da tempo l'istituzione di una data simbolica che contribuisca a non dimenticare quelle pagine dolorose della nostra storia recente.
      Queste autorevoli prese di posizione, questi forti segnali provenienti dalla società civile riteniamo debbano essere fatti propri dal Parlamento, che nella XIII legislatura ha dimostrato grande sensibilità sul tema della memoria del male approvando all'unanimità la legge 20 luglio 2000, n. 211, che istituisce il 27 gennaio - data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz - il «Giorno della memoria» in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico. Il 12 dicembre riveste la stessa, grande, portata simbolica relativamente alla stagione delle stragi e istituire in quella data una «Giornata in ricordo delle vittime delle stragi terroristiche» significherebbe lanciare un importante messaggio al Paese sulla democraticità e sulla solidità delle nostre istituzioni e testimonierebbe la volontà dell'attuale Governo di fare finalmente piena luce sulle trame occulte che minacciarono in quegli anni la nostra Repubblica. Tale giornata, inoltre, dovrebbe trascendere la ritualità commemorativa divenendo l'occasione per stilare, ogni anno, un bilancio sulla «salute» della nostra democrazia e per responsabilizzare le nuove generazioni - attraverso incontri e seminari tematici nelle scuole - sulla necessità di costruire una coesistenza pacifica nel pieno rispetto delle diversità ideologiche, culturali, religiose.
      Il premio Nobel Desmond Tutu, in un celebre discorso alle Nazioni Unite in occasione della «Giornata della memoria» affermò: «In Africa diciamo che una persona è una persona attraverso altre persone. Siamo legati da una delicata rete di interdipendenze. Crediamo nell'ubuntu, la mia umanità è dentro la tua umanità e l'ubuntu parla di generosità, di ospitalità, di condivisione. Io sono perché voi siete. Se io, non riconoscendo la diversità, calpesto la vostra umanità, allora, che lo voglia o no, io perderò la mia». Nelle parole dell'arcivescovo di Pretoria è possibile rintracciare l'antidoto più potente all'intolleranza e all'odio, che dello stragismo e del terrorismo sono l'alimento indispensabile, e ricordare, il 12 dicembre, quanto dolore abbia procurato al Paese l'avere calpestato, da parte di alcuni, questo insegnamento, rappresenta un'occasione formidabile per fare della memoria uno strumento concreto di democrazia e di sviluppo sociale.
 

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